ANIMALISTI SNOB? NO, C'E' QUALCOSA CHE NON TORNA... Risposta all’analisi di Rutilio Sermonti su ecologia, etologia e “animalismo”

Avevo appena finito di tessere le lodi all’articolo di Rutilio Sermonti pubblicato su questo quotidiano il 2 ottobre scorso (“La terra? Muore di cancro”) e di condividerlo appassionatamente con i miei amici “animalisti” con cui avevo apprezzato l’analisi acuta e stilisticamente poetica e appassionante del pezzo, quando venerdì 5 ottobre, sfogliando le pagine di Rinascita, mi sono imbattuto in un’altra analisi di Sermonti che firmava un articolo dal titolo “Ecologisti seri e animalisti snob”. Gentile Sermonti, è con una certa riverenza che cerco di accostarmi a Lei che, uomo in piedi sulle rovine in questo ciclo di esistenza e di cui conosco e condivido le Sue coordinate politico-esistenziali da Lei sempre espresse in tantissimi scritti e vissuti eroicamente e con coerenza in prima persona, non può non attirare la mia attenzione circa le Sue considerazioni espresse nel pezzo da me segnalato e da Lei redatto. Se Lei fosse uno sconosciuto internauta, ci passerei sopra. Ma il Suo nome desta in me un richiamo che non posso far passare inascoltato. Lei prende le mosse da un “comunicato di Memento Naturae, esultante per la grande vittoria conseguita a Fiumicino, per aver il locale Consiglio comunale votato una delibera che vieta l’impiego di alcuni animali in spettacoli da circo o simili” e ciò, prosegue, le offre “il destro per un chiarimento” che pensa essere “opportuno”. Prima di questo, Lei rende nota la Sua solidarietà nei confronti della “guerra Santa in difesa di ciò che è vita” portata avanti da Memento Naturae precisando che l’“assoluta convergenza delle concezioni del sodalizio di Oliva (presidente dell’associazione) con le nostre non è casuale né viscerale” ma “deriva con ferrea consequenzialità dalla stessa concezione generale del mondo e della vita”. Ora, io non conoscevo quali fossero le concezioni generali del mondo e della vita di Riccardo Oliva e del Suo Sodalizio ma, se convergono con le Sue, ne deduco necessariamente la convergenza con le mie. Ma dopo aver letto le Sue riflessioni in questo Suo ultimo articolo, mentre la mia strada continua ad andare parallelamente con gli amici di Memento Naturae, con cui condivido l’esultanza per la sopracitata delibera del comune di Roma, si distacca volutamente e con forza dalla strada da Lei battuta e conduce la mia abituale riverenza - che solitamente riservo generosamente a coloro che condividono la mia welthanschauung - ad assumere tratti che potranno apparire “irriverenti”, vista la tematica da Lei affrontata e che stupra il mio sentire.
Premetto che la sua considerazione per la quale un animalismo “come atteggiamento sentimentale, intellettuale e snobistico” sarebbe “oggi largamente diffuso in ambienti liberal-borghesi” mi appare deprecabile e fuori luogo: chi scrive – e come me tantissimi altri “animalisti”- non appartiene al non-luogo del liberalismo borghese e sente in questo stesso istante la guida - e le presenze non palpabili materialmente - che rispondono a nomi quali quello di Savitri Devi, che con quell’ambiente, come Lei sa, niente ha a che spartire (e non sto a citare altri personaggi di ambienti politici e culturali a noi vicini, che in fatto di ambientalismo e diritti degli animali erano molto più avanti dell’attuale mondo democratico), della quale riceviamo la Sua eredità spirituale e che in tema di liberazione animale aveva le idee ben chiare e le sosteneva quando il buon Peter Singer era ancora in fasce. Premetto anche che la Sua “bocciatura” di una sinergia tra “diversi animalismi” (lei allude forse alle diverse provenienze e appropriazioni ideologiche dello stesso, che io detesto e combatto nel nome di un’unità di lotta) in un quotidiano come Rinascita che si batte per un fronte comune al di là di sterili steccati ideologici contro il sistema unico del capitalismo affamatore di popoli e nazioni, mi lascia alquanto perplesso (e le assicuro che nel mondo della Liberazione animale, le tesi politiche di Rinascita sarebbero accolte dai più con entusiasmo).
       Ebbene, concessami la lunga premessa, veniamo al dunque. Lei accusa gli animalisti di non avere, in fatto di zoo e circhi, “la minima nozione e competenza”. A questo suo totalitario e fantasioso giudizio fa seguire il fatto che Lei abbia “oltre settanta anni di studio della zoologia ed è stato per quaranta attivo collaboratore dello splendido (sic!) zoo di Roma” (fatto che non conoscevo e che La scredita ai miei occhi anche se ciò poco Le può importare): zoo che ha sempre “riservato a siffatti animalisti dilettanti un sentimento di fastidio” (a ragione, aggiungo io!). Gentile Sermonti, io mi compiaccio del mio essere un animalista “snob” e “dilettante”, vegano nonché attivista per la liberazione animale e strenuo difensore (e qui mi assumo le mie responsabilità su ciò che dico) dell’ “azione diretta” di Liberazione che giustifico e che i nostri fratelli militanti dell’ALF compiono in tutto il mondo rischiando la libertà per sottrarre esseri viventi all’oppressione della bestia umana! Lei, dice bene, parla da zoologo e, in quanto tale, non è un amante degli animali! Parla da osservatore scientifico - freddo e distaccato - della Natura e dei suoi abitanti non umani. Le Sue parole tradiscono un bieco antropocentrismo di diretta derivazione cartesiana e razionalista che ha sempre dichiarato di combattere. Come interpretare, altrimenti, i suoi discorsi ironici riguardo le proteste degli animalisti che le suscitano “soltanto tedio” e sugli animali detenuti in quei deplorevoli luoghi adibiti per il divertimento dei bipedi umani? Lei scrive: “abbiamo soprattutto deplorato che i lacrimosi individui non considerassero che l’esistenza e frequentazione degli zoo fossero gli unici mezzi per consentire ai giovani uomini, anche di modesta condizione economica, di vedere da vicino e in movimento esseri viventi di grande fascino e interesse, di familiarizzarsi con loro e spesso di appassionarvisi e di desiderare di saperne di più, collaborando così a diffondere un animalismo più sensato e fecondo”. Un bel quadretto a misura della massa ignorante - un patteggiare con la plebe, direbbe Nietzsche - non c’è che dire! Questo, secondo Lei, sarebbe amore per gli animali? Questo sarebbe l’”animalismo sensato”? Lei pensa che agli animali importi qualcosa del Vostro patetico studio, della Vostra vouyeristica osservazione del loro comportamento e dei loro movimenti? Al fatto che la loro presenza giovi anche all’uomo di “modesta condizione economica”? Agli animali, gentile Sermonti, non importa neanche del nostro amore per loro. Vogliono solamente essere lasciati in pace. E a questo, noi “animalisti” miriamo.
Mi delude immaginarLa mentre magari si reca al circo con i suoi nipotini, confuso tra l’insulsa massa borghese (borghese come categoria spirituale, non economica) tra bambini ignari delle sofferenze che si nascondono dietro le umilianti ed innaturali esibizioni degli animali e genitori petulanti e senza cervello. Magari, si ritroverà in compagnia del democristiano Giovanardi, le cui continue sparate anti-animaliste combaciano esattamente con le Sue, gentile Sermonti, e ambedue potrete assistere assieme allo scempio degli umani nei confronti degli animali in un tripudio di applausi, pagliacci e pop-corn. Si tocca veramente il fondo, mi permetta, quando, parlando degli animali detenuti nei circhi, Lei sostiene che questi, insieme ai giardini zoologici, “equivalgono ad autentici alberghi a cinque stelle (secondo il Suo punto di vista umano, troppo umano e orrendamente antropocentrico), riservati a pochi privilegiati (sic!), se si confrontano con le modalità orrende di vita e di morte che l’uomo riserba a milioni di animali detti da “allevamento” all’unico scopo di trarne maggior lucro”. Per inciso, Lei, Sermonti, dichiarandosi “non vegetariano”, non dovrebbe parlare a riguardo, in quanto è complice di questo sterminio ed è ruota di trasmissione per quel lucro portato avanti da una logica del profitto capitalista che con gli allevamenti intensivi affama gran parte del pianeta e che Lei alimenta con la sua etica carnivora). Vede Sermonti, mentre Lei è fermo ad un filantropismo e ad un antropocentrismo parrocchiano degno della miglior Caritas, io e tanti altri come me, animalisti “snob” (sic!), abbiamo preso da tanto tempo (non volontariamente ma per una spinta metafisica) la strada della misantropia, sicuramente più consona a esseri spiritualmente elevati e che non hanno tempo, come Lei, di “coccolare” quella dea moderna, astratta e rivoltante a cui vi siete piegati e che chiamate Umanità. Puzza di incenso cristiano-giudaico questa Sua attenzione nei confronti di questo feticcio moderno, della Sua preoccupazione a far sì che il volgo si diverta alla vista di animali sfruttati. Addirittura, secondo Lei, le sofferenze “che un acrobata, un giocoliere, un contorsionista umano volutamente affronta” non sono minori bensì “maggiori” di “quelle inflitte a un’otaria per farle tenere una palla in equilibrio sul naso, o a una tigre per farla saltare nel cerchio”: a parte il fatto che l’otaria e la tigre non hanno scelto né chiesto di “lavorare” (il disprezzo per il lavoro come sa, appartiene ai nobili e agli animali, non alla mediocre plebe della “dignità del lavoro”) ma a loro viene imposto il “lavoro” con la coercizione e la violenza, troppo grande è il Suo delirio per poter essere commentato. La inviterei solamente a prendere visione degli innumerevoli filmati facilmente reperibili su internet che mostrano quale trattamento viene riservato agli animali dai Suoi amici “circensi”. Ma ancora, Le domando: come può, dopo aver partorito tali tesi, lanciare confusamente un appello affinché si sensibilizzi la gente comune “contro pratiche crudeli e inutili come la vivisezione e, in genere, la sperimentazione su animali, praticate come se quelli non soffrissero, o se la loro sofferenza non ci riguardasse”? Belle parole, Sermonti, ma dette da Lei, appaiono monche, aride e prive di significato.
Un ultima riflessione: non so quanto Lei e molti tra i lettori di Rinascita siano a conoscenza delle tesi che gravitano intorno ai movimenti per la Liberazione Animale. Avrà notato, forse, uno slogan comunemente noto che recita: Animal Liberation – Human Liberation accompagnato dalla figura di una zampa di animale e un pugno chiuso ad essa affiancato. Ebbene, ciò sta a significare una “convergenza di azioni” che fa sì che la lotta al dominio nei confronti degli animali sia complementare alla lotta per la liberazione umana dal dominio di un Sistema iniquo che schiaccia uomini e popoli e che affranchi gli essere viventi tutti dall’oppressione ( anche se qui avrei da dire la mia, ma tralasciamo).
       Rinascita è l’unica testata da sempre in prima linea nella lotta al sistema usurocratico, capitalista e materialista che mercifica l’esistente tutto. A ciò, da queste pagine, fa seguire quotidianamente un appello alla ribellione allo status quo. Mi risulta che Lei, Sermonti, sia tra i primi a farsi, giustamente, portavoce di una rivolta e ad incitare i giovani a non demordere nella lotta.
        Ebbene, leggo ancora nel Suo articolo che noi animalisti ignoriamo “che la quasi totalità dei ‘poveri reclusi’(queste Sue virgolette hanno un’amara ironia) degli zoo, sono nati, a loro volta, in cattività, e quindi si sono ad essa adattati né più né meno che una specie domestica”. Ebbene, egregio Sermonti, le faccio notare che tutta la mia generazione e quella precedente alla mia, come gli animali del circo e degli zoo, è nata in “cattività” in questa gabbia rappresentata da un Sistema mondialista che la fine del secondo conflitto bellico ci ha infaustamente “regalato” e che sia io che Lei vorremmo abbattere. Secondo il Suo atteggiamento specista nei confronti degli animali, anche noi, in quanto animali umani nati in “cattività” dovremmo, essendoci “adattati” ad esso, rimanere impassibili a guardare e ad apparire ai signori dell’usura come gli animali appaiono agli avventori e agli aguzzini dei circhi e degli zoo? In effetti la tendenza sembra essere questa e a ben vedere ci siamo proprio “adattati” bene. Ha ragione, le masse addormentate – che poi son quelle che come Lei vanno nei luoghi di detenzione e di umiliazione animale - sembrano vivere tranquille la loro condizione: basta avere l’I-phone di ultima generazione in tasca e “chi vuol esser lieto sia… del doman non v’è certezza”. Vede Sermonti, la questione è, che c’è chi, come Lei, vuole tenere gli animali in gabbia per il sollazzo volgare dell’umano medio(cre) e chi, come Noi “animalisti snob e dilettanti”, queste gabbie le vuole aprire. E non solo quelle che imprigionano l’uomo, ma tutte! Fino a quando la malattia antropocentrica, da cui anche Lei sembra purtroppo non essere immune, non sarà definitivamente debellata.
                                                                                                                                           Ignazio Mele

Articolo pubblicato su "Rinascita" del  11/10/2012




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