NERO: Il COLORE CHE VA TANTO DI MODA: da Obama a Touadi, il buonismo rossiccio che tende al total black

Articolo pubblicato sul quotidiano "RINASCITA"  30/10/2009
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E’ indubbio che il nero sia l’emblema dell’eleganza. Colore aristocratico, induce al rispetto e dona a chi lo indossa un aurea di nobiltà ed enigmatico mistero: simbolo di decadenza e morte (Charles Baudelaire lo adorava, sostenendo che nero-vestiti pareva ci si apprestasse sempre ad andare a un funerale ), del silenzio della notte che mette fine alla frenesia del giorno, del momento in cui gli amanti chiudono la porta al mondo per dissolversi nella magia erotica dell’eros, il nero - e tutto ciò che ad esso viene associato - non lascia indifferenti: anche la strega nera e “cattiva” è quella che, finito il dolce e rassicurante cullare della voce materna nella lettura soporifera della fiaba, accompagna e disturba il sonno dei bambini rendendo il buio della stanza ancor più minaccioso e terrificante. Se, ancora, ci inoltriamo nelle lande del misticismo, scopriamo che per gli Esseni, al contrario di ciò che viene contemplato in tutte le altre religioni, Dio è l’oscurità assoluta, il nero totale, mentre i Sufi, stendendosi al calar delle tenebre in apposite fosse, meditano sul buio: il nero, dunque, vissuto come slancio metafisico verso il Trascendente. Ma oggi abbiamo scoperto che questo austero colore, in cui si dissolve l’arcobaleno dell’intera scala cromatica, è divenuto il simbolo di una fastidiosa ossessione - che non ha niente a che vedere con l’eleganza dandy, né tantomeno con discipline esoteriche o le fiabe per bambini - tanto da essere trasformato dapprima in un tabù e, conseguentemente, nel linguaggio obbligato del politically correct che contraddistingue l’intera galassia del progressismo radical-chic. Il nero, ci riferiamo a quello del colore della pelle, diviene scaltro strumento da adoperare nella prassi politica, una tinta da sfruttare in ogni occasione come carta vincente, come opzione da esaltare, come valore non opinabile. Dapprima, abbiamo dovuto assistere all’(ig)nobel per la pace conferito al Presidente degli Stati Uniti, Obama, il quale, se nero-nero non è, risulta essere piuttosto abbronzato, come già disse qualcuno provocando chiaramente un’ondata di “rosso” risentimento. Anzi, il fatto di stare sospesi “nel mezzo”, conferisce al tutto un valore aggiunto rispetto al total black, in quanto perfetto emblema dell’integrazione multietnica auspicata dai moralisti doc. Non che nel secolo scorso, proprio in Italia, qualcuno non avesse denunciato l’avvento di un’ondata di edulcorato buonismo: nel 1969, il filosofo italiano Julius Evola, efferato Belzebù per ogni santo progressista che si rispetti, ironizzò - sulle pagine de Il Borghese- circa la creazione dei “tabù dei nostri tempi”, uno dei quali era quello del “negro”, rappresentante una di quelle “realtà sacrosante delle quali si deve parlare solo col più profondo rispetto e con venerazione” pena il “coro di indignate proteste” e “l’infamia” con cui verrebbe coperto il malcapitato “bestemmiatore” non allineato al gregge belante. E proprio perché evidentemente Obama tende al nero, la sinistra ha ben visto di non strillare contro il nobel-farsa per la pace, nonostante le manovre in politica estera non siano cambiate rispetto alla precedente amministrazione Bush e le truppe americane siano rimaste in terra afghana, aumentando addirittura di numero.Vista la guerra in corso, è lecito domandarsi dove siano finiti i pacifisti colorati. Per caso sono stati risucchiati nel buco nero creato dal Presidente a stelle e strisce? Certo, un corteo anti-Obama sicuramente creerebbe qualche crisi di coscienza a questi signori: andare contro un “nero”, farebbe troppo fascista! E come comportarsi coi fotomontaggi di Hitler e Mussolini nella famosa fotografia che li immortala sull’autovettura durante la visita di Mussolini nella Germania hitleriana nel 1937 e le cui facce vennero sostituite dai no-global con quelle di Bush e Berlusconi? Suvvia, la faccia di Obama col capello con swastika e divisa nazista sarebbe un oltraggio alla morale, perdio! Meglio soprassedere e mandare al diavolo l’idea di un corteo pacifista! La conclusione è che il nero piace, ma il buio, si sa, impedisce di vedere la realtà con chiarezza. Che lo stile dark faccia dunque presa non soltanto sui giovanissimi ma anche sui politici nostrani, ciò appare ancora più chiaro in questi giorni. E così, il nostro Franceschini non vedeva l’ora di rimarcare la sua adesione al new gothic style ma, per andare sul pesante e distinguersi da schiere di giovanissimi dagli abiti a tinte scure, invece di sfoggiare una T-shirt con la faccia dell’icona “maledetta” Marylin Manson, ha preferito andare su qualcosa di più stravagante, annunciando la candidatura alla vicesegreteria del congolese Jean Leonard Touadi in quanto, parole di Franceschini “ è un politico di livello e anche perché è nero”. Dunque, il criterio di scelta per la vicesegreteria da parte del leader del PD, pare essere determinato, nella valutazione finale, da motivazioni – sicuramente inconsce - di matrice razziale di stretta osservanza biologistica. Qualcuno dovrebbe spiegare a Franceschini che sia che si esalti il “bianco”, sia che si esalti il “negro”, il risultato non cambia - essendo messa in evidenza la discriminante razziale (in questo caso anti-bianco) - così come non differiscono nei postulati principali le posizioni del leader degli afroamericani Louis Farrakhan da quelle di un nostalgico dell’Ahnenerbe. Ma c’è qualcosa che non ci convince in questo razzismo al contrario: oggi il Presidente degli USA e il sottosegretario pieddino. E domani?..Ah , sì, domani il Papa nero! E sarà il giorno in cui anche i mangiapreti rossi andranno a messa. Ma questo, è un altro capitolo…          

Ignazio Mele




         

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